Sulle orme di David Bowie a Berlino

Berlino, stazione Zoologischer Garten. Spesso ho attraversato questi corridoi, cercando di raggiungere l’ennesimo mezzo da cambiare. In un giorno in cui non avevo né fretta né una meta prestabilita, una semplicissima associazione di idee mi ha riportato ad una delle scene più famose di Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino, in cui i protagonisti corrono sulle note di Heroes.

Un’associazione tanto scontata quanto essenziale quella tra Berlino e Bowie. David stesso aveva descritto la città come “un santuario”, deciso infatti di trasferirsi a Berlino per liberarsi dalla sua dipendenza dalla cocaina. “Me ne andai dalla capitale mondiale della coca [Los Angeles] per approdare nella capitale mondiale dell’eroina. Grazie a Dio, non avevo interesse nell’eroina, quindi non fu uno sbaglio”. Mi metto così a cercare le tracce di quel periodo della sua vita qui, in questa città che ha significato così tanto per lui da segnare una svolta e l’apice della sua carriera: la famosa trilogia di Berlino composta da Low, Heroes e Lodger.

Inizio a seguire le orme del Duca Bianco in un pomeriggio piovoso. Un tempo per nulla strano per la capitale tedesca, oserei dire adatto al viaggio che mi aspetta. La mia prima tappa è il civico 155 di Hauptstraße, dove Bowie ha abitato dal 1976 al 1978 con Iggy Pop.

Faccio fatica a trovare la targhetta col numero civico, distratta dalle insegne luminose dei negozi adiacenti. Quasi dubito di essere nel posto giusto. Solo dopo qualche minuto trovo la placca celebrativa, che venne fissata sul muro del palazzo poco distante. Ma noto qualcosa di decisamente più berlinese: una scritta fatta con una bomboletta sul muro del corridoio che porta al giardino interno del palazzo.

È qui dentro che si trova la stanza blue, blue electric blue, menzionata in Sound and Vision. Non posso tuttavia entrare, il cancello è chiuso dato che il palazzo è ancora abitato. Grazie a molte petizioni, probabilmente nel 2021 questa via verrà rinominata David Bowie Straße, cosa già successa solo per una notte e in modo simbolico qualche giorno dopo la morte di Bowie nel gennaio 2016.

Percorro ancora la stessa via per qualche metro e sulla mia sinistra trovo il Neues Ufer. Questo locale è la nuova versione del bar Ufer dove David e Iggy passavano le serate tra un bicchiere e l’altro. La porta, chiaramente mantenuta dal vecchio Ufer, non è l’unica cosa a ricordare quegli anni: l’atmosfera dentro è davvero particolare. L’arredamento moderno è arricchito da foto e poster di David appesi ai muri, tuttavia non in modo eccessivo o pacchiano, come ci si aspetterebbe da un locale così turistico. Così turistico che il gestore, abituato ad avere come clienti molti stranieri, si scusa per avermi parlato in inglese nonostante mi avesse sentito parlare in tedesco. Dopo avermi portato il the e una bella fetta di torta, se ne torna di fretta dietro il bancone perché la musica è finita: solo in quel momento noto che il sottofondo musicale del locale è curato personalmente da lui con un lettore CD.

Merenda finita, mi sposto dal quartiere Schöneberg a Charlottenburg, sempre alla ricerca di un locale molto frequentato da David. È la volta del Paris Bar, un ristorante piuttosto costoso dove secondo Bowie si poteva avere la migliore bistecca con patatine dell’intera città (piatto tuttora nel menù). Proprio qui nel 1979 un giornalista di Rolling Stones intervistò sia Bowie che Iggy, paragonando l’atmosfera di quella sera al locale a quella del quadro L’assenzio di Degas. Scrisse che Iggy Pop era così ubriaco da finire a barcollare sul ghiaccio di Kantstraße.

Rimango a Berlino Ovest e con la metropolitana vado verso Kreuzberg, il quartiere multiculturale di Berlino. Qui trovo il locale S036 che da fuori sembra rimasto agli anni in cui si vedeva spesso David varcarne la soglia. Fondato nel 1978 e tuttora in attività, il club fu punto di riferimento per la scena punk e rock berlinese di quegli anni. Offre musica e serate di qualsiasi genere. Nel sito del locale si legge “Kreuzberg non è solo un quartiere, ma uno stile di vita”: pilastro del S036 è il suo imporsi contro ogni tipo di razzismo, omofobia e sessismo.

Il mio viaggio è quasi concluso, ma decido di fare una tappa extra: la tappa souvenir. Scelgo il Rock Steady Records, ossia uno dei negozi di vinili più forniti di tutta Berlino. Non ho dubbi su cosa comprare dopo questo pomeriggio passato a cercare cosa sia rimasto di Bowie nella capitale tedesca. Il commesso alla cassa se ne esce con un “oh, David!” poco prima di consegnarmi tra le mani il 33giri con Heroes e la sua versione tedesca Helden.

Sul treno verso casa, penso a quanto conoscere Berlino voglia dire conoscere Bowie e viceversa. Percorrere le stesse strade, trovare i luoghi importanti della sua quotidianità è conoscerne allo stesso tempo il lato umano e quello artistico. Ma ho l’impressione che ci sia molto più Bowie a Berlino di quanto possano esprimere queste strade. Berlino è ineffabile, camaleontica. Ogni volta che pensi di averla vista tutta ti si mostra ancora più grande e con altre vesti. E così sono la musica e la figura di Bowie stesso: c’è sempre una nuova sfumatura che nell’ultimo ascolto ti è sfuggita. È stata un’affinita tra un luogo e un uomo a regalarci una delle pagine più belle della storia della musica. David Bowie was here ho letto su quel muro. Niente di più vero.