Quando la musica elettronica arrivò a Padova

Il 22 Novembre 2016 si è svolto a Padova (sì, proprio a Padova) un evento che, per chi sa cos’è un tubofono, è stato più unico che raro.

Dopo ben 43 anni dalla loro separazione, si sono riuniti al Centro d’Arte degli studenti dell’Università di Padova i membri di Arke Sinth, una di quelle esperienze musicali di sperimentazione che nel corso dei favolosi anni 70 nascevano e si spegnevano poco dopo. Ne facevano parte Giovanni De Poli, Alvise Vidolin, Marco e Michele Sambin, accomunati non solo dal desiderio di allargare le frontiere della musica elettroacustica, ma anche da quello di scuotere il pubblico: fargli venire delle domande attraverso suoni del tutto inauditi, compresi in una logica musicale lontana da ogni sistema già visto. Una fusione di generi del passato: jazz, pop e musica classica europea, passati attraverso l’occhio elettronico del sintetizzatore e accompagnati dall’improvvisazione del “live”.

Durante i suoi pochi anni di collaborazione, Arke Sinth ha avuto solo quattro performance pubbliche e pochi incontri, ma dettagliatamente documentati. Per questo motivo è stato possibile riprodurre i brani con la stessa strumentazione di allora: sax, violoncello, clarinetto, organo elettronico e sintetizzatore del 72, oltre al famoso tubofono. Il tubofono, comunque, è uno strumento che attraverso la vibrazione di un tubo produce suono. Può essere utilizzato in vari modi, e uno di questi consiste nel soffiarci all’interno mentre lo si fa girare vorticosamente nell’aria sul genere Indiana Jones. Nella fattispecie, la sera del 22 Novembre Indiana Jones era Michele Sambin, che nel 1973, anno di fondazione del gruppo, si occupava non solo di suono, ma anche di disegnare le partiture grafiche dei brani.

Dopo Arke Sinth, in effetti, il suo percorso artistico ha esplorato ambiti non solo musicali, ma anche del teatro e della Videoarte, in cui spesso viene indagato proprio il rapporto suono-immagine.

Marco Sambin, ha proseguito la carriera universitaria, mentre Giovanni De Poli nel 1979 ha fondato a Padova il Centro di Sonologia Computazionale, che tuttora si occupa di programmi dedicati alla produzione del suono, e collabora con compositori italiani e non. Si è poi unito a questo progetto anche Alvise Vidolin, a sua volta impegnato nel campo della regia del suono.

Alla base di questa esperienza e di molte altre che nascevano nel caos creativo di quegli anni, ci sono state poche importanti figure che hanno permesso agli italiani di accettare i sintetizzatori (forse).

Per i padovani, una di queste è stata Teresa Rampazzi, nata a Vicenza nel 1914 e diventata una delle pioniere della musica elettroacustica.

“Così saltammo il fosso. Niente più Stravinskij, niente più Hindemith, niente più niente di nessuno che non fosse uno dei giovanissimi della squadra di Darmstadt lanciata alla conquista delle nuove frontiere della musica”.

Questo era ciò che nel 1952, diceva Severino Gazzelloni, uno dei membri della Scuola di Darmstadt, dove alla fine degli anni quaranta si sono riuniti alcuni dei più importanti teorici e compositori della musica contemporanea per sperimentare suoni nuovi, la Neue Musik.
Anche Teresa Rampazzi frequenta la Scuola, decisa ormai a “saltare il fosso”.

Tornata in Italia, la Rampazzi si sposta proprio a Padova, nel tentativo di far circolare un concetto innovativo di musica. Un esempio è l’happening realizzato con John Cage nel ’59, nel quale i cittadini vengono messi di fronte ad un approccio del tutto nuovo al suono. Era esattamente quello che voleva fare Teresa Rampazzi: uscire da un’idea di brano musicale come forma chiusa (inizio-svolgimento-fine) e dare letteralmente spazio e libertà alla forma aperta. L’unico modo per riuscirci era eliminare struttura e strumenti musicali del passato per sperimentare gli eventi sonori elettronici.

Un’altra tappa fondamentale nella sua ricerca è la fondazione dell’ N.P.S. (Nuove Proposte Sonore) nel 1965, in cui fa il suo ingresso proprio il giovane Giovanni De Poli, per poi essere seguito da un altro allievo, Alvise Vidolin. Anche Marco e Michele Sambin entrano a contatto con Teresa, ed è proprio lei ad incoraggiarli nel percorso di ricerca, gettando così le basi per quella che sarebbe diventata poi l’esperienza di Arke Sinth. Nel 2016, Die Schachtel, un’etichetta discografica di Milano che si occupa di musica elettronica e d’avanguardia, ha deciso di pubblicare l’LP Arke Sinth, nel tentativo di far riscoprire al pubblico i “Grandi” della musica sperimentale.

Fa parte di questo progetto anche l’uscita quasi in contemporanea dell’album Immagini per Diana Babylon di Teresa Rampazzi.