L’eredità delle leggende della musica

Il mondo dell’arte invoca la fine del 2016. Sta risultando essere uno degli anni più funesti per via dei numerosi artisti che hanno trovato la morte proprio durante questo periodo. La musica ne esce sicuramente impoverita, almeno a livello di icone. Proprio perché sono lentamente entrati nel quotidiano di tutti, la scomparsa di gente come Prince, David Bowie e Leonard Cohen (solo per citare i più noti) non può che produrre un piccolo grande vuoto. Erano superstiti di un passato a cui si guarda con nostalgia. Reggevano sulle proprie spalle un grande potere di influenza culturale, di insegnamento, di coinvolgimento emotivo delle folle. Un vuoto che si crede non colmabile, tanto è grande l’impronta che hanno impresso e la scarsa speranza che il presente possa generare artisti all’altezza di quelli che ci hanno lasciato.

Come reazione alla tragedia per la scomparsa, si è attivato uno sfrenato spirito conservativo insieme ad un attaccamento e una passione mille volte rinnovati. In tanti stanno proponendo rilettura di tutto ciò che hanno fatto, un riutilizzo celebrativo delle loro opere per allestire musei, comporre raccolte o produrre film. Impazza la ricerca delle possibili tracce dai doppi significati, nella speranza di imbattersi in quello che avrebbero potuto dirci ma che non siamo stati abbastanza attenti da recepire per tempo.

Tutte operazioni comprensibili, ma forse al limite dell’esagerazione. Non si limitano a dare il giusto riconoscimento che meritano, ma fossilizzano le loro carriere in un’epoca aura irripetibile, e forse lucrano finché si può. A morte avvenuta, infatti, si mette in moto un giro d’affari che tal volta eguaglia, se non proprio supera le entrate annue degli stessi artisti in vita: sia David Bowie che Prince sono entrati nella top 10 delle celebrità più arricchite dopo la morte.

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David Bowie, in particolare, dalla morte avvenuta nel gennaio 2016, si è visto tributare le più diverse e fantasiose commemorazioni. Continua ad essere, giorno dopo giorno, al centro delle notizie a tema musicali delle principali pagine web di pertinenza artistica. Solo nell’ultimo mese, circa trentatré articoli lo vedono come protagonista o includono il suo nome. Che sia l’apertura di una mostra, l’asta per la vendita della sua collezione d’arte, i segreti nascosti in Blackstar (ultimo album), la prima risposta via lettera ad un fan, ogni argomento sembra buono per rispolverarne la memoria. Si parla anche di emojis per iOS 10.2 ispirate ai suoi personaggi, per restare in linea con un discorso unicamente speculativo.

I Prince’s Paisley Park Studios la casa studio dove ha vissuto e lavorato Prince, sono già state aperte al pubblico e potrebbero diventare un museo permanente. È stata annunciata una raccolta di sue Greatest Hits, mentre è ancora in pieno svolgimento la catena di tributi da parte di ex-colleghi. È stata poi scovata una traccia irrealizzata (Moonbeam Levels) e un album solo progettato in cui avrebbe dovuto cantare vestendo i panni del suo alter-ego femminile, Camille. I tempi sono già maturi per un documentario sulla sua vita, che vedrà la luce nel 2017.

Leonard Cohen, magari perché è il meno “divo” dei tre viene più trascurato dai tentativi celebrativi, anche se non è escluso dagli effetti economici che morti di questo tipo innescano. Nei giorni successivi alla scomparsa, l’acquisto dei suo album è aumentato del 400%. Il suo brano più rappresentativo, Hallelujah, è tornato in classifica nella hot rock songs chart.

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È molto probabile che saranno oggetto di un programmato e lunghissimo lavoro di utilizzo della loro immagine e del loro nome, come sta già accadendo per tanti altri esempi illustri. Si veda come è ancora attualissima, a distanza di molti anni dalla morte, la produzione di contenuti mediatici che alimenta interesse su Elvis Presley (recentissimo il film Elvis & Nixon), Kurt Cobain (del 2015 Montage of Heck ) e Michael Jackson (senza scomodare John Lennon che a breve conterà più documentari e film che album).

I concerti ologramma che in maniera stupefacente ne riportano in vita corpo voce e movenze del re del pop, sono forse il massimo risultato di questo sguardo rivolto al passato e di “leggendizzazione” delle leggende. Tutto spettacolare, ben fatto e commovente ma forse fa credere che la loro musica, da sola, non basti e che il culto della memoria sfiori quasi l’offesa alla memoria stessa, nel momento in cui evidentemente la si sfrutta per scopi commerciali.