La storia del Mellotron, il primo “computer” musicale
Se pensate che una volta la musica fosse superiore a quella attuale perché era tutta suonata dal vivo, non esistevano looper, sintetizzatori o computer a facilitare il mestiere del musicista … beh, vi sbagliate di grosso!
Già alla fine degli anni ’40, l’inventore Henry Chamberlin costruì e perfezionò quello che sarebbe stato il primo campionatore della storia. L’idea era piuttosto semplice: registrare dei veri strumenti musicali sull’allora avveniristico nastro magnetico, ed associare ogni registrazione ad un tasto corrispondente alla nota registrata. La particolarità dello strumento di Chamberlin consisteva soprattutto nel poter eseguire accompagnamenti ritmici in loop, in grado di fornire una base sulla quale poter suonare.
Ma il vero balzo in avanti fu la nascita del Mellotron, il primo progetto commerciale nato da un accordo fra il socio di Chamberlin Bill Fransen e l’azienda elettronica Bradmatic, Ltd. Già negli anni ’60 il nuovo modello aveva preso fortemente piede, probabilmente grazie a spot televisivi come questo che sottolineavano quanto fosse uno strumento molto semplice da suonare e adatto a tutti.
Lo strumento divenne talmente popolare negli anni ’60 che moltissime band lo utilizzarono all’interno dei loro dischi. Prima fra tutti i Beatles, che consacrarono il Mellotron alla storia della musica con Strawberry Fields Forever, realizzato con i “flauti” del modello Mk II. Anche l’intro di Starway to Heaven dei Led Zeppelin è stata eseguita con questo nuovo strumento musicale. Molti altri artisti degli anni ’60 li hanno seguiti su questo cammino, come The Zombies,e Roxy Music.
Il Mellotron è diventato così iconico da essere utilizzato anche in registrazioni recenti: se ascoltate il brano Exit Music (For a Film) dei Radiohead potrete sentire il suono “coro a otto voci” del modello classico. Piccola curiosità: il violoncello che sentite in Wonderwall degli Oasis non è un vero violoncello, ma un mellotron utilizzato nella modalità violoncello solo!
“Tuning a mellotron doesn’t”
— Robert Fripp