Giuseppe Lopizzo ci spiega il lavoro di un vocal coach (che ha vinto Sanremo)

Giuseppe Lopizzo, oltre che essere musicista e cantante, segue da diversi anni professionisti (e non) nei panni di vocal coach. Una chiacchierata con lui ci è servita a capire meglio in cosa consiste il suo lavoro, che preparazione necessita, a chi è rivolta e quali soddisfazioni dà. Nel suo caso, come ci ha spiegato, può portarti ad essere parte del successo di un’artista niente meno che al Festival di Sanremo

D: Per iniziare con un collegamento con il Festival di Sanremo, durante l’edizione dell’anno scorso hai collaborato con Gaetano Curreri degli Stadio, poi risultato vincitore. Giusto qualche impressione sul lavoro svolto e su Sanremo in generale.

R: Sì, l’hanno scorso ho seguito Curreri al Festival come vocal coach. E’ stato un lavoro molto intenso, che iniziava in tarda mattinata con il primo riscaldamento vocale e terminava pochi minuti prima della diretta, tra altri esercizi di riscaldamento e prove specifiche sul brano. Le giornate al Festival, (era almeno la quarta volta che partecipavo; le altre nel ruolo di corista), sono sempre molto impegnative, è tutta una corsa per gli artisti, tra interviste, prove, preparazione, appuntamenti. Si inizia al mattino, per terminare a tarda notte. Ma l’adrenalina e la passione non ti fanno sentire la stanchezza, a maggior ragione quando, come nel caso dell’anno scorso, l’impegno è ricompensato da una così bella vittoria!

D: I cantanti professionisti che si affidano a te in cosa necessitano di essere seguiti?

R: Un cantante professionista è come un atleta, che seppur conoscendo le “regole del gioco”, si affida ad un allenatore per essere sicuro di restare in forma, per essere pronto per le performance, per prevenire possibili affaticamenti, etc.. Oppure può avere problematiche specifiche sulla voce, magari dovute ad un intensificarsi di impegni o a un nuovo repertorio che presenta difficoltà vocali nuove.
D: In quanti, oggi, si affiancano ad un vocal coach?

R: Mentre negli Stati Uniti, dove ho studiato, è consuetudine da molto tempo per qualsiasi star del mondo della musica avere un vocal coach, in Italia i cantanti hanno iniziato più di recente ad affidarsi a questa figura. Prima si pensava solo ad una necessità di preparazione della voce agli inizi, poi si è intuito come nel corso di una carriera si possano in realtà sviluppare abitudini non correttissime nell’uso della voce, che possono portare ad affaticamenti; quindi avere di fianco una figura professionale che controlli come stai usando il tuo strumento, ti tenga allenato e ti aiuti ad affrontare momenti di lavoro più intensi è diventato molto importante.

D: Potreste venire chiamati anche per riparare ad alcuni danni di uso scorretto della voce?

R: Sì, accade spesso. Nel caso in cui ci sia un danno alle corde vocali, dopo l’intervento del foniatra e del logopedista, veniamo chiamati a ristabilire (o in alcuni casi insegnare) una tecnica vocale solida, ripartendo ovviamente nel rispetto dei ritmi di ripresa della voce, con esercizi specifici per tornare man mano al suo utilizzo al 100 per cento.

 

D: I vostri studi sul metodo sono tutti basati sull’esperienza, su pratiche testate innanzitutto su voi stessi?
I metodi si equivalgono o ce ne sono alcuni di cui è riconosciuta una maggiore efficacia?

R: Direi che i principi della tecnica vocale sono ovviamente standard, quello che cambia è l’approccio metodologico di ciascun insegnante, che rende efficace o meno il proprio intervento. L’aspetto più importante è conoscere il funzionamento della voce ovviamente, ma saper intuire di cosa ha bisogno il cantante che ti trovi di fronte e in che modo farlo lavorare per raggiungere l’obiettivo è ciò che fa la differenza. Più hai esperienza con voci diverse, casistiche diverse, più riesci ad essere veloce nell’individuare su cosa e come concentrare il lavoro.

D: Abbiamo letto curiosando su internet che collabori anche ad un Master in vocologia presso l’Università di Bologna dedicato a laureati in medicina e logopedia. Cosa insegni esattamente?come si collega un tipo di preparazione per un’attività creativa, come la musica, al campo medico?

R: Sì, da qualche anno tengo un corso durante questo importante Master, su invito del Prof. Franco Fussi. Io mi occupo di esporre agli studenti l’approccio didattico che utilizzo e in che modo affronto, dal punto di vista della tecnica vocale, problematiche che loro conoscono dal punto di vista medico e riabilitativo. Si tratta di tutte figure professionali che lavorano in sinergia, ognuna nel proprio campo specifico. Dato che molti clienti di foniatri e logopedisti sono cantanti, è importante che anche loro conoscano i principi e le esigenze della voce cantata, in maniera da comprendere meglio le necessità di chi si rivolge a loro.

D: Da un punto di vista più amatoriale, il supporto di un vocal coach è ugualmente consigliato per insegnare a cantare, o si rivolge a cantanti già formati che vogliono perfezionarsi?
C’è consapevolezza della vostra necessità o si preferisce andare avanti da soli, considerando il vostro supporto un lusso o qualcosa di superfluo?

R: Se si inizia a studiare canto prima di intraprendere la professione, si evitano sicuramente situazioni “rischiose”, si conoscono meglio le sfumature della propria voce e si impara ad utilizzare in maniera più efficace e rilassata il proprio strumento. E’ molto più facile prepararsi, essere pronti nel momento in cui arriva l’occasione, che dover fare aggiustamenti in corso d’opera, rifiutare lavori perché non si è all’altezza, etc…

D: Una voce, per essere bella, deve essere a tutti i costi impeccabile tecnicamente? Anche le imperfezioni o le voci acerbe sono per te valide?

R: Quando ascolto un cantante esibirsi, non sto certamente attento alla sua perfezione tecnica, ma a quello che ha da dirmi, a ciò che vuole trasmettermi. Come in un discorso a parole la voce subisce mutamenti in base allo stato d’animo, così anche durante l’interpretazione di un brano, non tutto è sempre “impeccabile” perché mutuato dall’intenzione e da quanto chi canta crede in ciò che sta dicendo/cantando. Per me la parola chiave è “credibilità” dell’artista, non perfezione.
E’ ovvio che utilizzare la voce all’opposto di come andrebbe fatto, rende poi impossibile esprimersi al meglio, creare sfumature emotive e di conseguenza l’assenza totale di tecnica può diventare un freno. Un conto è l’imperfezione che ci rende “veri”, un conto è lo sforzo continuo, che oltre per chi canta diventa uno sforzo anche per chi ascolta a volte!

D: Segui le nuove voci emergenti italiane? Tra le nuove proposte dell’indie italiano si trovano spesso voci non solo non impeccabili dal punto di vista tecnico, ma anche volutamente grezze, se non in alcuni casi “stonate”. Ti sembra che questo approccio alla voce possa dare vita a risultati apprezzabili dal punto di vista artistico oppure “c’è un limite”?

R: Il “limite” per me resta, come dicevo prima, la credibilità. Se sei impreciso, ma convinto e convincente, allora mi stai dando comunque una ragione per ascoltarti. Quando manca lo spessore di un testo, una struttura musicale comprensibile e l’intonazione diventa un miraggio lontano faccio fatica ad ascoltare!

D: È faticoso lavorare sulla propria voce? Richiede tanti esercizi e molta pazienza?

R: Se cantare è una passione o un lavoro (spesso entrambe le cose) tenere la voce in forma non dovrebbe richiedere fatica, ma semplicemente far parte della routine. Bisogna abituare una parte del nostro corpo a fare determinati movimenti, di conseguenza se non c’è costanza non può diventare spontaneo e facile. Molto spesso si tratta di “disimparare” abitudini che creano costrizioni e non lasciano la voce libera di funzionare naturalmente. Imparare a fare meno per ottenere di più in sostanza!
D: In quale attività ti trovi più a tuo agio? Vocal coach o cantante?

R: Sono entrambe attività per me importantissime e che si aiutano l’una con l’altra.
Inoltre troverei difficile insegnare a cantanti, senza avere esperienza di palco, concerti, etc… Farei fatica ad individuare e soddisfare le esigenze di un cantante, se non sapessi come si svolge il suo lavoro. E non basta aver letto su un libro o guardarsi un dvd per capire cosa vuol dire esibirsi su un palco.
D: Il vocal coach è innanzitutto un conoscitore della voce. Ti è mai capitato di seguire altre figure professionali oltre ai cantanti?

R: Sì, innanzitutto quando lavoro con cantanti di musical, capita di affrontare anche parti recitate e non cantate in senso stretto. Poi mi capita di lavorare con attori che hanno bisogno di “proiettare” la voce in teatro o che vogliono sperimentare suoni e sfumature diverse, il che li avvicina molto a dei cantanti.

D: Per chiudere da dove si era iniziato, seguirai Sanremo quest’anno? Hai idea dei cantanti partecipanti? C’è un tuo favorito?

R: Non so se riuscirò a seguire tutte le serate, ma sicuramente quando potrò guarderò il Festival. Si tratta di una sorta di istituzione per la musica italiana e non si può criticare prima di aver ascoltato le canzoni. Spero di sentire bei testi, belle canzoni e belle voci. Il mondo della musica è scaramantico, per cui preferisco non fare pronostici!
D: Infine, Carlo conti ha una bella voce?

R: Ho lavorato come corista a diverse edizioni del suo programma “50 Canzonissime”, per poi ritrovarlo a San Remo e non l’ho mai sentito con un abbassamento di voce, mai una prova in cui si risparmiasse. Quindi sicuramente deve aver un bel rapporto con il proprio “strumento di lavoro”.