Giappone: dove i negozi di dischi vanno ancora alla grande

Il Giappone. Una terra associata perlopiù al sushi e ai manga, è in realtà patria di un altro mercato floridissimo: quello della musica. Si parla ovviamente di J-Pop, quindi di un prodotto destinato al consumo in patria e che difficilmente trova fruitori in altre nazioni, fatta eccezione per gli otaku o gli appassionati di anime giapponesi che impazziscono per le sigle di apertura.

Questo mercato genera un grandissimo grado di affezione da parte del pubblico. Gli Idol, perlopiù formazioni di boy-band o girl-band, sono una faccenda serissima per i fan, che sono disposti a spendere migliaia di yen in merchandise e cd.

Sembra incredibile, ma il mercato della musica fisica in Giappone è di gran lunga superiore rispetto a quello dei download. Se a livello globale il 39% della musica acquistata è in formato cd o vinile, in Giappone la cifra raddoppia, rendendolo di fatto il secondo più grande mercato musicale al mondo, in grado di vendere più di 254 miliardi di Yen (2,23 milioni di euro) in musica, soprattutto in formato cd.

Per compensare questa incredibile fame di musica, in Giappone esistono più di 6000 negozi di dischi, da quanto riporta la Recording Industry Association of Japan (RIAJ). È una cifra incredibile, tenendo conto che in tutti gli Stati uniti ne esistono 1900, mentre la Germania, terzo mercato, ne ha 700.

Da cosa è dovuto questo strano comportamento, in controtendenza rispetto al resto del mondo? La geografia e la cultura del Paese dell’origine del Sole hanno avuto una grande influenza nello sviluppo del mercato, che si è evoluto in maniera diversa a causa del suo isolamento, più o meno come i fringuelli di Darwin. Per fare un esempio, il Giappone è stato uno dei primi paesi ad adottare le email, le fotocamere nel telefono e il 3G, ma uno degli ultimi a utilizzare gli smartphone full-screen, dove hanno resistito per anni i vecchi modelli “a conchiglia”. Ciò ha generato un ritardo nello sviluppo dei mercati collegati, come ad esempio lo shopping online e il web design. Pertanto quelli che per noi sono obsoleti lettori cd in Giappone sono oggetti ancora fondamentali.

Si aggiunge il fatto che i giapponesi, che tutti immaginiamo come smanettoni amanti della tecnologia, hanno un grande amore per gli oggetti fisici, come testimonia il fatto che preferiscono i contanti alla carta di credito. Comprare un cd significa inoltre supportare attivamente il proprio artista preferito, e le grandi etichette fanno di tutto per incentivare l’acquisto: dalle edizioni in tiratura limitata, ai biglietti gratis per un concerto fino alla possibilità di stringere la mano al proprio idolo.

Non va dimenticato inoltre l’importante aspetto generazionale: la popolazione è incredibilmente anziana, il che determina che il potere d’acquisto e la richiesta siano concentrati in questa fascia di popolazione tendenzialmente più abbiente, rispetto ai più giovani che sono maggiormente a proprio agio con il download o lo streaming. È un fattore tutt’altro che banale, dato che il costo di un cd in Giappone è più del doppio rispetto al resto del mondo.

Negli ultimi anni si è registrata una flessione del mercato nei confronti dei servizi online, soprattutto a causa della convenienza in termini di prezzi rispetto all’industria dei cd. Segno che il Giappone si sta adeguando agli standard della distribuzione mondiale, ma probabilmente questa nuova evoluzione si svilupperà in una maniera del tutto unica e forse incomprensibile rispetto agli standard occidentali, come ha più volte dimostrato questo paese.

Tommaso Rocchi
Chi è Tommaso Rocchi
Avidissimo divoratore di musica (e di buona cucina in generale), qui in radio mi occupo della programmazione musicale e di scovare artisti che non avete ancora mai sentito nominare. Se cercate un consiglio musicale, sapete a chi potete chiedere!
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