E Johnny prese il fucile @ Arti Inferiori, 13 gennaio 2015

Fuori dall’MPX c’è una lunga fila di persone che aspettano di entrare: stasera non si va a vedere un film ma va in scena un audiodramma, e si sentono delle vibrazioni di curiosità serpeggiare tra le persone in coda, infreddolite (ma solo un po’) e avvolte nei loro cappotti.

Non è la prima volta che vado a vedere uno di questi spettacoli, e forse ho la presunzione di sapere già cosa succederà una volta indossate le cuffie. Invece mi sbaglio: quel misto di attesa e curiosità arriva lo stesso, una volta che ti sei accomodato sulla poltroncina e hai indossato le cuffie. Ecco, proprio le cuffie sono parte integrante della magia del fascino, della suggestione, che questo spettacolo si porta appresso. Ed è uno spettacolo un po’ magico anche perché, a differenza per esempio degli occhiali 3d al cinema, in questo caso il nostro immaginario è chiamato a uno sforzo ulteriore: non c’è niente da “vedere” in un audiodramma, c’è invece tantissimo da scoprire o, se preferite, da inventare

Si abbassano le luci e in cuffia cominciano ad arrivare le istruzioni per godersi al meglio lo spettacolo, a mò di annuncio del comandante prima del decollo; la differenza è che in questo caso si capiscono le parole. Dopo il classico “spegnete cellulari e facebook vari” si viene catapultati all’interno di uno studio di registrazione, peraltro piuttosto affollato

E Johnny prese il fucile è un romanzo del 1939, scritto da Dalton Trumbo. Racconta di guerra, di un incidente di guerra, e di un soldato che perde gambe, braccia e parte del viso a causa dell’esplosione di una bomba. L’adattamento di Sergio Ferrentino per Fonderia Mercury riprende la trama del libro, ma ne condisce la narrazione con l’uso di un microfono bianurale, un aggeggio a forma di testa umana che riproduce i suoni in maniera tridimensionale: se provate a parlare girandoci attorno sentirete un voi-parlante che vi ronza attorno, ed è parecchio suggestivo

Il racconto non è facile, la vicenda stessa di Johnny non è facile, ma ogni tanto è giusto conoscere le cose per come sono andate – o potrebbero andare, visto che abbiamo goduto del beneficio della finzione. Ascoltare la storia di un mutilato di guerra e dei labirinti che si creano nella sua mente non è come guardare un episodio di una serie tv, ma paradossalmente è più coinvolgente: ci si trasforma in osservatori

Le voci di Marco Baliani, che ha recitato nonostante la febbre, e dei bravissimi Roberto Recchia e Deborah Morese danno risalto agli stati d’animo del prigioniero mutilato, della sua ragazza lontana e degli oggetti che lo circondano. La prossima volta che vi capita, giocatevi una serata al cinema con un audiodramma: secondo me vi piacerà

Pietro Osti