Da Mina ai Daft Punk, la musica in The Young Pope

Il 21 ottobre sono andate finalmente in onda le prime due puntate della serie The Young Pope (che abbiamo visto in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia), una super produzione per un totale di dieci episodi nella prima stagione, sostenuta da un budget di circa quaranta milioni di euro. Tra i tanti motivi di interesse, uno dei principali è quello di vedere Paolo Sorrentino alle prese con questo amatissimo tipo di narrazione seriale. Un grande autore del cinema italiano che si confronta quindi con un campo nuovo, promettendo di rimanere se stesso. Conferma uno stile ormai divenuto classico-sguardo meditativo e riflessivo sul mondo, ritmi lenti e un sistema di dialoghi pungenti e carichi di verità esistenziali-riproposto con l’aiuto di una troupe già rodata. Luca Bigazzi responsabile della fotografia, Cristiano Travaglioli addetto al montaggio, Lele Marchitelli compositore musicale non sono di certo nomi nuovi.

Proprio a Lele Marchitelli spetta occuparsi di uno degli aspetti più importanti per l’esito positivo della serie. Del resto non si scopre niente se si dice che buona parte della riuscita dei lavori di Sorrentino dipende proprio dall’uso che riesce a fare dei suoni: per il suo cinema la colonna sonora è più che mai fondamentale. È evidente per un film come This Must Be The Place, per cui non fa semplicemente da commento alle immagini ma diventava centrale, essendo correlata alla vita del protagonista, un cantante depresso interpretato da Sean Penn. Il film vede niente meno che David Byrne dei Talking Heads nei panni di compositore e autore di un piccolo cameo dopo l’esecuzione del brano che dà nome al film.

Nella pellicola che ha visto Sorrentino trionfare nella notte degli Oscar del 2014 La grande bellezza la musica accentua il forte connubio tra sacro e profano. Il sacro, nelle ripresa di brani come il Dies Irae di Zbigniew Presnier, il profano nei vari remix e pezzi pop alla Far l’amore del duo Carrà-Sinclar, per mostrare l’ambivalenza di un Toni Servillo che nasconde sensibilità e sofferenza sotto un’apparente frivolezza. Giusto per chiudere una breve carrellata sui suoi precedenti utilizzi della musica, basti pensare che la playlist della colonna sonora di The Youth (anche questa con artisti che vanno da David Guetta a Stravinskij) è stata a lungo tra le prime posizioni su iTunes.

A Lele Marchitelli quindi, già con Sorrentino per il su citato La Grande Bellezza, spetta il difficile compito di sorreggere immagini dall’alto valore estetico con un appropriato apparato di suoni nella serie The Young Pope. La scelta da parte sua, almeno osservando le prime due puntate, sembra andare verso un  grande impiego di musica elettronica. Suoni sintetizzati accompagnano l’avanzare del Papa lungo i suoi appartamenti; si danno il cambio con momenti di silenzio, echi di rumori tonfi nelle enormi stanze degli alloggi, che vengono trasformati in luoghi cavernosi, depositari di tradimenti e segreti. Spesso fanno da base per inni sacri, creando atmosfere di grande solennità o mutano di colpo registro per gettare luci o ombre diversa sul giovane Papa. Il personaggio cardine recitato da Jude Law tra l’altro si definisce anche, con la musica: cita Mina e i Daft Punk come esempi di fama e invisibilità. Passando di citazione in citazione, nella prima puntata si chiama in causa il cinema dell’autore italiano artefice di una vera rivoluzione quanto a musica nei film: la frase “mi fanno male i capelli” viene direttamente da Deserto Rosso di Michelangelo Antonioni. Qui i suoni elettronici avevano un grandissimo valore di definizione psicologica dei personaggi, calcando con efficacia i loro tratti più tormentati e nascosti. Diventeranno cruciali anche in The Young Pope, una serie che pare si regga tutta sulla complessa personalità del pontefice quarantasettenne.