C’era una volta l’Erasmus: un viaggio di 23 anni fa

Se non lo sapete, sapevatelo: quest’anno il progetto Erasmus compie 30 anni.

Nato dall’iniziativa di Mamma Erasmus, l’italiana Sofia Corradi, in questi 30 anni ha portato a spasso per l’Europa milioni di studenti universitari. Oggi andare in Erasmus sembra una cosa scontata: la domanda, un po’ di scartoffie, la partenza, con l’aiuto degli uffici e dei professori referenti del paese di espatrio. Ma com’era andare in Erasmus 23 anni fa, senza cellulare e con un meccanismo che non era ancora rodato come lo è adesso? Damiano Martin de Il Vivipadova ha intervistato Davide Sabbadin, partito per Madrid nel 1994, in quella che era considerata a tutti gli effetti un’avventura quasi alla cieca.

Quasi tutti conoscevano l’esistenza del progetto Erasmus, ma pochi lo prendevano in considerazione. Non sembrava fondamentale, piuttosto una perdita di tempo a scapito dello studio. Una roba da fighetti quasi”. Davide Sabbadin ricorda ancora la prima volta in cui sentì parlare di Erasmus: “Era il 1987 (anno di istituzione del progetto), e passò una circolare a scuola, facevo ragioneria a Padova, che menzionava questa roba nuova. Ricordo che rimasi deluso quando la prof mi rispose che era solo per l’università. Io all’epoca non sapevo se l’avrei fatta o meno. Di sicuro non mi sono iscritto a Scienze politiche per fare l’Erasmus, ma una volta dentro è entrato subito nella lista delle cose da fare”.

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Nella lista delle cose da fare. Nel 2017 decidere di fare l’Erasmus è normale, quasi ovvio, tanto quanto determinante ma, soprattutto, facile. O più facile rispetto a 23 anni fa. “Le informazioni circolavano quasi esclusivamente in forma cartacea, gli avvisi erano appesi alle bacheche, oppure si parlava direttamente con i prof. All’epoca ero tra i primi ad avere un indirizzo e-mail, ma non so se esistesse un sito di ateneo”. Ed è così che Davide ha fatto: seguendo gli avvisi in bacheca e relazionandosi direttamente con la propria professoressa. Non prima però di aver inoltrato la domanda, essere selezionato e sostenuto gli esami obbligatori in lingua straniera. Il fato ha deciso per Davide: destinazione Madrid, Spagna, la sua seconda scelta: “La prima era un’università inglese, non ricordo quale”. Da qui partì il contatto diretto con la docente referente “la quale era in comunicazione con il professore in Spagna, ci seguiva passo passo ed è anche venuta in città per controllare che tutto procedesse in ordine”.

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