Apriti cielo tour: Mannarino @ Gran teatro Geox, 1 aprile 2017

Alessandro Mannarino ha fin da subito riscosso in me una grande curiosità; sia artistica che personale. I testi delle sue canzoni non sono mai banali e la musica trasuda autenticità e originalità ad ogni accordo. Posso quindi dire di essere arrivato all’entrata del Gran teatro Geox di Padova con una certa trepidazione.

Avevo letto su internet che per il concerto non era previsto il tutto esaurito e visto il prezzo del biglietto non esattamente a buon mercato non mi aspettavo una coda così consistente all’entrata. Tutt’altro che demoralizzato da ciò ho sfruttato l’attesa per guardarmi un po’ attorno e scambiare alcune parole con altri che erano nella mia stessa situazione. Subito mi sono reso conto di quanto Mannarino sia un artista trasversale: raramente mi era capitato di vedere un pubblico così variegato. Si andava dallo sgangherato studente universitario (come me) al professionista in carriera, dalla bambina accompagnata dai genitori, al signore settantacinquenne in tuta acetata che, con tanto di maglietta votiva, allietava la coda cantando a squarciagola i grandi successi del cantautore romano.

Credo che parte di questa varietà sia dovuta alla sua autenticità. Arrivato ormai al quarto album, Mannarino non rinnega il suo modo d’essere, così sanguigno, impulsivo e caciaroso, insomma.. non rinnega la sua romanità fondendola con sonorità brasiliane e temi sempre attuali in questo nuovo album Apriti Cielo.

Il concerto inizia in perfetto orario, la prima canzone non poteva che essere “Apriti Cielo”, primo singolo dell’album. Le luci e la scenografica sono abbastanza semplici ma a colpire è la completezza dei musicisti assoldati da Mannarino per accompagnarlo nel suo tour: due percussionisti, tre per gli strumenti a corda,  due per quelli a fiato e un tastierista fanno da contorno alla voce roca del cantautore romano e a quella ben più angelica delle tre coriste Sciacca. L’alchimia che c’è tra le sonorità dalla band e le canzoni di Mannarino è totale, tanto da renderle ancora più orecchiabili e cariche di ritmo: è un concerto in cui è impossibile stare fermi. Mannarino si scatena immerso nella sua stessa musica dando l’idea di divertirsi proprio, correndo su e giù per il palco per quasi tre ore. Sa creare uno spettacolo talmente completo che non si risparmia nemmeno nei cambi d’abito. Eccetto il cappello nero da cui non si separa mai, passa dalla giacca borchiata e lo scettro da sciamano per far cantare a tutti Ganchi, al pesante telo con cui si è coperto durante Roma, al look nero essenziale adatto alle canzoni in acustico. Tuttavia sono rare  le occasioni in cui si ferma a parlare con il pubblico; anche perché ogni suo pezzo è di per se un dialogo, una confessione aperta nella quale ci immedesimiamo e ne scoviamo ognuno il proprio significato.

Durante la serata le emozioni sono ben veicolate: brani del nuovo album (Arca di Noè, Vivo, Babalù, Gandhi, Roma, Le rane)  si alternano a pezzi intimi di anni passati, per poi arrivare al gran finale con i brani più conosciti capaci di far cantare l’intero teatro, nessuno escluso; emblematico l’esempio di come all’ attacco di Me son ‘mbriacato è il pubblico a prendere l’inizio della canzone e arrivare quasi all’ultima strofa prima che un visibilmente sorpreso Mannarino potesse cominciare a cantare.

Con le gambe indolenzite, la gola in fiamme per il cantare, alla fine del concerto mi torna in mente l’anziano signore incontrato in coda… si sarà divertito? Io credo di si!  Alla fine è proprio questo il bello di Mannarino: le canzoni sembrano fatte apposta per te che ascolti, chiunque tu sia, qualunque sia la tua età e ti aiutano a capire che la risposta ai più disparati problemi è solo una:  “Vivi! Perché non avrai di meglio da fare finché non sarai morto”.

Per concludere direi che il concerto in generale, riprende per filo e per segno la personalità esuberante e folkroristica del suo protagonista e i veri fan non possono rimanerne delusi. Il nuovo album è un tripudio di nuove sonorità sudamericane che si sposano molto bene con un’esperienza live, che dopo oggi non vedo l’ora di replicare nelle serate estive, in spazi aperti dove l’energia catalizzata si possa esprimere ancora con più libertà.